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Messaggio  Visir Mar Nov 30, 2010 9:41 pm

Ieri ho pubblicato su Camminando e Tenews una piccola riflessione sul (pessimo) utilizzo dei beni immobiliari pubblici. Lo riporto integralmente, sottolineando alcuni passaggi:


Ho sempre pensato che la “res pubblica” andasse gestita esattamente come viene gestita una famiglia o un’azienda. Si cerca di realizzare un reddito, e con quello si fa fronte alle necessità in ordine di urgenza e di importanza, cercando al contempo di garantire se possibile quei piccoli “lussi”, come una pizza o il cinema la domenica, senza i quali la cosiddetta “qualità della vita” inevitabilmente scende di livello.
Il reddito deriva in genere da un lavoro “principale”, a volte integrato da “lavoretti” secondari.

Spesso, però, per cercare di soddisfare al meglio tutte le necessità famigliari o aziendali, si devono compiere delle scelte. E quindi si decide di vendere un quadro lasciato in eredità dalla zia, che per quanto abbia un certo valore a noi da sempre risulta davvero orrendo, si cede un terreno ormai abbandonato da anni perché nessuno ha più voglia di coltivarlo, si scambia con un amico la mitica collezione di Tex che ormai conosciamo a memoria con un barchino vecchio ma in buono stato, visto che ormai la nostra passione per le zuppe di fagioli del vecchio West è stata decisamente superata dalla golosità per una grigliata di totani appena pescati……

In ambito pubblico, tutto questo non solo non avviene, ma inspiegabilmente si tende ad impedire che “lo Stato”, e quindi per estensione i Cittadini che ne sono i legittimi “azionisti”, possa convenientemente gestire “le stesse proprie proprietà di sé stesso”, come direbbe il Catarella di Camilleri.
La caserma della GDF è un esempio lampante di questa logica illogica: sostanzialmente inutilizzata da oltre un decennio, si aspetta che marcisca definitivamente per poi farne cosa? Aspettare un ricco finanziamento ricostruttivo? (…o speculativo?)
Intanto, le scuole di Portoferraio languono in condizioni pietose.
L’ospedale, con soli 4 milioncini, vedrà atterrare sul proprio tetto il pur indispensabile elicottero.
Oltre ai 4 testoni, il prezzo che la città dovrà pagare si estende anche all’obbrobrio visivo di una torre marziana in una delle (potenzialmente, gattaie e water-front permettendo…) città costiere fortificate più belle che esistano.
A Pianosa, decine di immobili cadono a pezzi. E un super carcere che poco più di un paio di lustri fa era stato ristrutturato a nuovo resta chiuso coi catenacci, ormai arrugginiti anche quelli.
Due splendide ville romane come le Grotte e i bagni di Agrippa sono chiuse al pubblico e invase da sterpi e degrado. Un Parco minerario, statale, in un Isola che ha fatto la sua fortuna col ferro, rischia di fallire perché lo Stato stesso non autorizza, (in una miniera!) l’estrazione di quattro sassi che se venduti ai turisti consentirebbero un totale autofinanziamento…. E qui mi fermo…per ora.

Ora mi chiedo: ma se gli immobili di cui abbiamo parlato venissero ceduti o dati in gestione (a seconda dei casi, ovviamente con regole e vincoli logici ma ferrei..) a privati, e penso al valore di un palazzo storico e splendido come quello del Grigolo, alla posizione della caserma Tesei, a Pianosa, con un mini-paesino di ristorantini e negozi artigianali nel porto e un Museo del Carcere sullo stile di Alcatraz ( 1.500.000 visitatori annui, ed è comunque un Parco Naturale!), ad un’apertura delle Ville romane con biglietto a due euro, più che sufficiente per la manutenzione e il controllo…

Non credete che con i soldi ricavati si potrebbero realizzare, in periferia e quindi con grande comodità di accesso, specie dei mezzi pubblici, parcheggio ed ampi spazi, un polo scolastico iper-moderno, un ospedale con eliporto “al piano terra”……. e tutti quei servizi pubblici che necessitano semplicemente di alta funzionalità, e non di lussi inutili o di sprechi? Se gli immobili di Pianosa tornassero a vivere (senza niente togliere alla tutela ambientale, ovvio), non ci sarebbero i fondi per ripristinare quei servizi idrici e fognari che oggi semplicemente non esistono?
Evidentemente, a qualcuno, da qualche parte, va bene così.


Yuri Tiberto
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Messaggio  Visir Mar Nov 30, 2010 9:46 pm

Il primo a rispondermi su Camminando è Dante:

"Caro Yuri,
Quello che stai dicendo sull’alienazione o affitto dei beni pubblici a Portoferraio e Pianosa è condivisibile, però con un timore di fondo: vendere i propri gioielli di famiglia di norma rappresenta alla lunga un reale impoverimento.
Poiché la storia recente dimostra che la vendita dei beni pubblici non rispetta le regole di mercato, ma vende al ribasso, ne consegue che se non si trova ancora un acquirente significa che non ci sia oggettivamente ancora convenienza economica nell’acquisto.
Mi spiego meglio: con tutti i "furbetti di quartiere" in giro, se quei beni fossero appetibili non sarebbero già stati ceduti? Per appetibile non intendo tanto l’acquisto del bene ma soprattutto i costi per l’avvio di una attività economica (ristrutturazione, messa a norma, marketing ecc.). Lasciamo da parte la speculazione, vera iattura per i danni che ha già provocato.
Rovesciamo ancora il discorso: se tu credi che quei beni possano rappresentare una opportunità economica, perchè noi elbani (indirettamente già proprietari) ci facciamo sfuggire questa occasione? Probabilmente l’attuale proprietà sarebbe ben felice di “svendere” alla nostra collettività, forse anche per il simbolico 1 euro.
Ma noi abbiamo la capacità di fare l’imprenditore? Io penso di si, se la collettività vuole prender in mano una volta per tutte il proprio futuro; non sarebbe una novità, dal momento che già nel ‘600 i nostri comuni erano delle “universitas”, cioè proprietari del proprio territorio.
Attenzione: non è collettivismo di infausta memoria, ma una gestione manageriale del 21.mo secolo. Sai quanti giovani ritornerebbero a casa e produrrebbero ricchezza per le nostre genti.
I soldi? Qui ci vogliono le … palle. I nostri rappresentanti politici a che servono, se non a questo? Ma non solo loro.


--------------------

La mia risposta:
Caro Dante,
credo tu abbia ben capito il senso del mio intervento.
Concordo anche con te sul rischio (dettato dall'esperienza, purtroppo..) di interventi "furbetti" - ed è per questo che mi batto da sempre per la totale trasparenza - nonché sull' inopportunità di cedere "gioielli di famiglia", venduti i quali in genere ci si ritrova senza più gioielli e non si capisce dove sia andato a finire il ricavato...
Non per niente ho parlato di un "quadro della zia orrendo" - in pratica di un oggetto magari di pregio ma non sfruttato, più che di un caro ricordo....

Vedi, io ho provato a fare degli esempi, e non è detto che siano tutti fattibili o economicamente validi.

Ma guarda la foto della scuola del Grigolo, e leggi la lettera dei Genitori: io sono convinto che quello che è indubbiamente un immobile di gran pregio abbia un bel valore di mercato. Come scuola è invece inadeguata, scomoda e maltenuta. A Campo, per un immobile qualunque in paese (penso poco più di 150 mq.), sostanzialmente da demolire e ricostruire, si dice che la richiesta giri attorno a 700.000€.
Quanto può valere un palazzo storico che domina il golfo? Io credo abbastanza da recuperare i fondi per una splendida scuola nuova, dotata di tutti i confort, raggiungibile da tutta l'isola senza entrare in centro, senza cambi di bus ecc. ecc..

Certo, se si cerca di vendere Vigneria a 10 milioni, per realizzare (dopo lunghe battaglie con gli ambientalisti, con la burocrazia, con lo smaltimento dei rottami...) un complesso turistico destinato a restare vuoto, è improbabile si trovino compratori.....

Ma io spero si possa cominciare a lavorare in una direzione che reputo, semplicemente, logica.
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Messaggio  Visir Mer Dic 01, 2010 11:41 am

Ma ecco che il discorso viene cassato senza appello dal buon Orione:

"Sono convinto che chi usa i soldi per fare cose di valore è persona illuminata e civile, chi vende il bene di valore per fare i soldi è persona o disperata o volgare o tutte e due. Se poi il bene di valore è anche pubblico, il verbo vendere deve essere bandito. Il bene pubblico, eccetto casi rari ed ampiamente condivisi dalla comunità in cui può essere alienato/venduto, lo si può far rendere in diecimila modi; ci vogliono solo le palle, come dice Dante e l’onestà aggiungo io. Se ce la fa il privato ce la può fare benissimo e anche meglio un ente pubblico al cui interno non è raro trovare delle professionalità eccellenti che possono sempre avvalersi di professionalità esterne alla bisogna . Il bene pubblico deve essere gestito da ente pubblico con persone di qualità che sappiano reinvestire al meglio gli eventuali proventi ancora in servizi pubblici. Questo è il principio che deve governare le attività delle amministrazioni e gli amministratori, altro che vendere!

Niente da eccepire sui principi di base, naturalmente. Peccato che (purtroppo) l'evidenza dimostri ampiamente il contrario..... e anche quel principio così assoluto sul "verbo vendere che deve essere bandito" mi lascia perplesso: certo, uno Stato "ricco" può permettersi di utilizzare a fini pubblici e magari utili e gratuiti qualunque sua proprietà.
Ma uno Stato con un debito pubblico ormai vicino ai 2.000.000.000.000 (duemilamiliardi) di euro, deve inevitabilmente fare delle scelte e razionalizzare il proprio patrimonio. Tenere una "ferrari statale", neanche in garage, ma ad arrugginire in un campo all'aperto perché non si hanno i soldi per la benzina o perché non si ha semplicemente la patente non serve ai Cittadini, legittimi proprietari della ferrari medesima.

Ecco quindi che l'amico Dreamer risponde:

"X Orione: se poi oltre a fare condivisibili dichiarazioni di massima, mi facessi anche un esempio , uno solo , di un bene pubblico ben gestito dalle pubbliche amministrazioni elbane , io ti sarei per sempre riconoscente.
P.S. Non pongo limiti : musei , ville , parchi , miniere, beni storici ed archeologici, spiagge... tutto quello che vuoi."


Prontissimo l'esempio di Orione:
LA TONNARA DELL'ENFOLA!
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Messaggio  Visir Mer Dic 01, 2010 9:23 pm

Una grande dimostrazione dell'efficienza, nel suo complesso dello Stato.
Una dimostrazione di rapidità, coesione d'intenti, economicità e, in definitiva, la prova finale che le mie perplessità enunciate lassù, in alto nel forum, so' tutte farfanterie.......


Bene: facciamo un po' di storia, grazie a questo bell'articolo di Senio Bonini apparso sul numero di marzo 2006 di Trentagiorni e riportato da Elbacomunico.com
Merita la pubblicazione del testo integrale....



Mattanza politica sull'ex tonnara

Termite infaticabile, l’incuria si è insidiata nelle crepe. L’abbandono ha intaccato le mura come un tarlo nel legno. La tettoia della «loggia» non esiste più, mostra il fianco scoperto, robusto scheletro di acciaio arrugginito costretto nel cemento. Trasudano come cinquanta e passa anni fa quelle pareti. Non gocciolano più il salmastro miscelato ai venti color zolfo degli altiforni di Portoferraio che si spingevano talvolta fin laggiù, filtrano l’ignoranza, il calpestio dei ricordi, occhi voltati altrove, lontani da una storia rimossa. È questa, per un singolare contrappasso, la mattanza della politica sulla pelle dell’ex tonnara dell’Enfola, a undici anni dal primo progetto di recupero dello stabile e a sette dall’inizio dei primi lavori foraggiati da oltre un miliardo e mezzo di finanziamenti pubblici. Un crogiolo le responsabilità, dal ministero dell’Ambiente, alla Regione Toscana, dal Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano al Comune di Portoferraio.
LE FERITE - Intrisa della polvere dell’intonaco e dei calcinacci, la «tavola del tagliatore» è ancora là. Era «l’altare» sul quale i tonni si concedevano alle maestrie dei tonnarotti, oggi mostra indelebili i segni del tempo a cui nessuno ha posto riparo. Pochi metri più in là carcasse di ferri rugginosi, forse quel che resta delle «graffiatrici» che sigillavano le scatolette d’alluminio. O dell’argano, indispensabile per salpare i «bastimenti», i barconi usati per la pesca. Stinte le scritte incise sul metallo, «Cross limited Manchester», l’ultima carta d’identità. Un cartellone metallico, calpestato, scolorito, parla di interventi sbiaditi: «Lavori di restauro – Tonnara. D.M 23/05/1988. Ditta esecutrice: Snc Pelagatti Piombino». Quasi vent’anni fa. In frantumi i vetri delle finestre che dall’alto osservano un desolante abbandono. L’arsenale, con la volta a botte e le tre finestre che si aprono sul mare, allora ricovero di reti e barche, è un concentrato di stupore. Il pavimento non esiste, solo terra, sabbia, detriti, mattoni sbrecciati. Impalcature, legni accatastati, persino una tanica di kerosene in un angolo. Sembra mimetizzarsi tra i cumuli di macerie una delle lapidi che celebrava Fortunato Senno, proprietario della tonnara a fine ‘700. È in mille pezzi, distrutta. Dall’arsenale si passa a un cortile interno dove si intravede a fatica, sepolta dai rovi, la caldaia usata per bollire i tonni appena pescati.
Così appare oggi l’ex tonnara dell’Enfola, il sito ideale indicato di volta in volta per ospitare «un museo del mare», «un centro di ricerca per l’Università di Firenze», «una sede per il Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano». E perché no rifugio per l’associazione Amici dell’Enfola o per la realizzazione di una nuova «casa del Parco». Tanti discorsi scrostati dal niente.

LA BUROCRAZIA – L’ultima mattanza il 24 giugno 1958, 22 tonnellate di pescato. Poi il letargo, i tetti che crollano sotto il peso degli anni. Sporadici gli interventi di manutenzione. Un progetto di recupero spunta nel 1995 a firma dell’architetto Giovanni Pettena. Sebbene l’ex tonnara sia dal 1996 in concessione al Comune di Portoferraio è il Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano a farsi avanti presentando al ministero dell’Ambiente un disegno per la completa ristrutturazione dell’edificio. Nel febbraio ’98 il presidente Giuseppe Tanelli ottiene un finanziamento di 750 milioni di lire. Il primo lotto dei lavori per il «restauro conservativo» dell’edificio scatta agli inizi del ’99. È il 13 dicembre del 2000 quando la prima fase si conclude. Per consegnare a nuova vita il «marfaraggio» dell’Enfola, come era anche chiamato, manca il solo secondo lotto, quello per intendersi destinato agli interni dell’edificio. Sono passati cinque anni e quei lavori non sono ancora iniziati. Lo stesso Tanelli prima di lasciare la presidenza del Parco aveva attivato la richiesta di finanziamento al ministero dell’Ambiente. Nel frattempo il braccio di ferro tra Matteoli e Martini per il vertice dell’area protetta. Niente di fatto, inizia il commissariamento Barbetti. Solo nel dicembre 2003 il progetto per il fatidico secondo lotto è approvato dalla Conferenza dei servizi, spesa prevista 400 mila euro. Si parte? Macché.
«Abbiamo aspettato il permesso dall’ufficio Siit (Servizio infrastrutture, ndr) della Regione Toscana per un anno e mezzo», spiega Angelo Banfi, direttore generale del Parco. «Quest’autorizzazione, che in precedenza spettava al ministero, è arrivata solo il 25 gennaio 2005». Poco importa se nel conto consuntivo del 2004 il commissario Barbetti prometteva di arrivare finalmente «all’affidamento dei lavori di ristrutturazione e completo recupero dello storico edificio». Poco importa se il bilancio di previsione dell’esercizio finanziario 2006 di via Guerrazzi finiva per sbugiardare quanto fin qui (non) fatto dichiarando come l’ex tonnara sarà «nel 2006 completamente ristrutturata anche negli spazi interni per essere finalmente utilizzata». «Scandaloso, vergognoso», tuona l’ex presidente Tanelli.
Intenti che bruciano come benzina sul fuoco a dispetto del tempo sprecato. Nel frattempo il 23 maggio 2005 la ditta Cipea di Rioveggio si aggiudica la gara d’appalto per il sempre più improbabile secondo lotto. Il 14 ottobre il Parco comunica alla giunta Peria l’inizio dei lavori previsti da lì a cinque giorni: «Non se ne parla». L’ufficio tecnico guidato dall’architetto Mauro Parigi non si accontenta delle autorizzazioni ottenute in sede di Conferenza dei Servizi al tempo dell’esecutivo Ageno e blocca l’iter. I malpensanti intravedranno sotterranee ripicche politiche… «Ma no no, semplici incomprensioni», chiosa Parigi.
Fatto sta che il Parco ripresenta tutta la documentazione a fine novembre: bocciata. Ma come? «Incompleta». E così si va avanti fino a febbraio mentre i muri si scrostano e i ricordi si sgretolano. Al Comune di Portoferraio il fiato sul collo del tempo che scorre. «In settimana (ad oggi 13 febbraio, ndr) partirà dall’ufficio tecnico una lettera di nulla osta per l’inizio dei lavori», sottoscrive Parigi. Registrato. Sembrerebbe fatta, quindi, ma guardando a tutte le settimane che furono come si fa a non dubitare?Ogni giorno di sole lasciano Portoferraio e fanno il loro ingresso, come fosse la prima volta, all’Enfola. Due colpi di chiave e si apre lo scrigno dei ricordi, la casa che fu di Marco Ridi, loro padre e ultimo «raìs» della tonnara. Aromi di erbino e tonnina, il sale che punge le narici, la salsedine sulla pelle, istantanee di bambine.

Gli occhi di Maria Luisa e Dina Ridi si illuminano e rivivono quegli attimi. Poi, d’un tratto, come se i titoli di coda di un film in bianco e nero stracciassero la scena, si spengono. Puntano al relitto che è la tonnara di oggi e sibilano l’inevitabile: «A vederla così piange il cuore…».


SENIO BONINI
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Messaggio  Visir Mer Dic 01, 2010 9:45 pm

...eravamo nel marzo del 2006......
...poi......

La Tonnara dell'Enfola IMG_0085

Da TEnews:


- 30.11.2007 : BORDATE DI PERIA: "IL PARCO ORMAI E' ALLA PARALISI" IL SINDACO SFERRA UN ATTACCO SENZA PRECEDENTI ALLA GESTIONE TOZZI: "L'ENTE E' UN ECTOPLASMA (...) TONNARA E CASTAGNETI IN CONDIZIONI SPAVENTOSE"

05.02.2008: IL COMUNE: "TONNARA DEGRADATA, IL PARCO SI ATTIVI"
APPROVATO UN ORDINE DEL GIORNO CHE CHIEDE DI CONCLUDERE I LAVORI


05.02.2008: PERIA: UN IMMOBILE BELLO E STRATEGICO CADE A PEZZI
IL SINDACO DI PORTOFERRAIO COMMENTA L'ORDINE DEL GIORNO CONSILIARE SULLA EX TONNARA: E' UNA SITUAZIONE PARADOSSALE, IL PARCO INSERISCA A BILANCIO I FONDI PER CHIUDERE IL CANTIERE APERTO DA MOLTI ANNI


18.10.2008: TONNARA: FINE LAVORI NOVEMBRE, IL PARCO NON CI VA
SMENTITA L'IPOTESI DEL TRASFERIMENTO: "VOGLIAMO ANDARE ALLA TESEO TESEI”.



23.02.2009: NESSUNO CHE SI INCATENI ALLA TONNARA DELL'ENFOLA?
di Marcello CAMICI (Università di Pisa)
"L’immobile giace in stato di completo abbandono ormai da lungo tempo. E’ stato recuperato ma rischia un nuovo degrado per abbandono."



15.10.2009: PARCO, LA SEDE NELLA TONNARA DELL'ENFOLA NEL 2010
LO HA DECISO IERI IL DIRETTIVO: "SENZA ESITO PER ORA L'INTESA SULL'EX CASERMA TESEO TESEI, PER ORA UNA SOLUZIONE PROVVISORIA".


05.01.2010: IL PARCO SI TRASFERISCE NELL'EX TONNARA ALL’ENFOLA
LASCIATA VIA GUERRAZZI GLI UFFICI ANDRANNO NELL'IMMOBILE ORMAI RESTAURATO (DOPO ANNI DI ATTESA).


04.03.2010: FURTO NELLA NUOVA SEDE DEL PARCO ALL’ENFOLA
MENTRE CONTINUANO LE OPERAZIONI DI TRASLOCO DEGLI UFFICI DELL'ENTE, QUESTA NOTTE SONO STATI SOTTRATTI ATTREZZI DI PROPRIETA’ DELLE IMPRESE EDILI CHE STANNO TERMINANDO I LAVORI ALL’EX TONNARA.


........ e infine la Tonnara venne utilizzata.......
....12 anni dopo l'approvazione del primo finanziamento...
Very Happy

vedi anche https://laltroparco.forumattivo.com/manufatti-storici-f15/le-mille-parole-sulla-ex-tonnara-dell-enfola-t93.htm#163
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